Toledo,
regno di Spagna del XV secolo. Tre fratelli appartenevano ad un’associazione
cavalleresca, denominata la Garduna e fondata nella stessa Toledo nel 1412: in
essa operavano e per la stessa agivano secondo consuetudini e riti collaudati e
da tutti accettati. Fino a quando decisero di vendicare con un atto di sangue
l’onore violato della sorella, uccidendo colui che aveva arrecato un tale
disonore alla loro famiglia. Loro si chiamavano Osso, Mastrosso e Carcagnosso
ed a causa dell’azione di vendetta, per pagare il loro debito con la giustizia,
furono condannati ed incarcerati nella lontana isola di Favignana, all’epoca
territorio spagnolo, all’interno di un fortificato carcere aragonese, del quale
oggi sembra siano state ritrovate alcune celle adibite a luogo di tortura.Nella piccola
isola dell’arcipelago delle Egadi, i tre rimasero prigionieri per quasi
trent’anni, esattamente per
il singolare periodo di ventinove anni, undici mesi
e ventinove giorni, per poi venir fuori dalle viscere penitenziarie spagnole
agli albori del trentesimo anno. Ma nei tre protagonisti, durante questo lungo
periodo, qualcosa inesorabilmente era cambiato. I tre cavalieri interpreti di
questa leggenda uscirono dal carcere nella veste di uomini nuovi, depositari di
saperi, riti, usanze e simboli tra loro diversi ma tutti legati da un unico
filo conduttore : l’onore e l’omertà. La leggenda si conclude con la loro
separazione, che vide Osso rimanere in Sicilia, e qui gettare le basi di Cosa
Nostra, Mastrosso varcare lo stretto e fondare la ‘ndrangheta in Calabria ed
infine Carcagnosso spingersi fino alle terre dell’antica “Campania felix”, dove
edifica l’impalcatura camorristica.
L’occasione
per trattare di questa singolare leggenda, che vorrebbe tentare di spiegare la
genesi delle tre organizzazioni criminali più pericolose presenti nel nostro
paese, è l’uscita di un volume, edito dalla casa editrice Rubettino, con
prefazione di Nino Buttitta, intitolato “Osso, Mastrosso e Carcagnosso”,
illustrato dalle tavole di Enzo Patti ed il cui testo è opera di Enzo Ciconte,
uno dei massimi esperti di mafie, di Vincenzo Macrì, viceprocuratore aggiunto
della Direzione Nazionale Antimafia e di Francesco Forgione, ex presidente
della Commissione parlamentare antimafia, ovvero tre delle personalità
intellettuali che oggi meglio conoscono e comprendono la maggior parte dei
particolari ed oscuri meandri dell’infinita galassia criminale delle tre mafie
italiane.L’autore
delle tavole, realizzate utilizzando una suggestiva tecnica chiaroscurale, che
conferisce alle immagini un opportuno “pathos” e sottolinea agli occhi del
lettore la drammaticità delle atmosfere narrate, ha dichiarato, per quanto
riguarda la grafica ed i disegni, di essersi ispirato alle particolari figure
contenute nelle carte siciliane e napoletane, cercando di coglierne il più
possibile l’iconografia dei personaggi in esse presente. Il volume ha il merito
di raccontare la curiosa leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso con un tono
asciutto, libero da quella rischiosa atmosfera di mito che potrebbe
pericolosamente aleggiare sulla stessa, rendendola ingiustamente affascinante e
dandole un significato che travalichi oltremisura la sua portata, frutto
d’immaginazione creativa. Tale leggenda, infatti, sarebbe servita a fondare il
mito della genesi criminale delle tre mafie, in tal modo volendo quasi
conferire loro dignità plurisecolare, tentando di crearne addirittura una vera
e propria genealogia, che si perderebbe nelle fosche nebbie degli ultimi sei
secoli della storia dell’uomo.
La storia dei tre fratelli di Toledo è ulteriormente caratterizzata da un richiamo diretto all’epica cavalleresca ed alle sue tradizioni religiose, spesso costellate da numerose superstizioni, che si vorrebbero fondere con le “regole sociali” che in seguito avrebbero reso così temibili e pericolose Cosa Nostra, la camorra e la ‘ndrangheta, organizzazioni in possesso di veri e propri codici comportamentali scritti, la cui esistenza sarebbe stata addirittura confermata dal ritrovamento, avvenuto anni fa in Australia, di un volume redatto e contenente specifiche regole di condotta criminale. Inoltre, in “Osso, Mastrosso e Carcagnosso” vi sono anche specifici richiami alle suggestioni massoniche, che tanto mistero hanno contribuito a creare nei secoli con i loro segreti riti d’iniziazione e con le loro simbologie d’affiliazione. Il tutto condito dall’espediente grafico dell’uso delle immagini tipiche dei santini religiosi, finalizzato a rimarcare un certo parallelismo tra i tre cavalieri spagnoli del ‘400 e gli odierni mafiosi, i quali, oggi come ieri, pretendono di rintracciare una qualche giustificazione sia alle loro regole, tramite le pagine delle Sacre Scritture, che ad alcune delle loro azioni, interpretando a loro modo le condotte di certi santi, in tal modo alterando parole e frasi pensate, riferite e scritte in contesti del tutto diversi: pur con le suggestioni della leggenda, la realtà criminale e mafiosa non potrebbe mai essere separata dalla sua più vera ed autentica essenza, caratterizzata dalla violenza combinata alle peggiori sopraffazioni
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