RELAZIONE FINALE
Lisia Piovano
Tra il 1992 e il 1993, quando Tim
Lee inventò l’attuale modalità di
fruire di Internet e quindi la possibilità di condividere le conoscenze umane
in una rete interattiva, non si pensava che questo sistema tecnologico avrebbe
radicalmente modificato la nostra società, il nostro modo di insegnare, di vivere,
di trasmettere il sapere, in definitiva il modo di comunicare fra gli
individui.
Oggi questa modalità non gutenberghiana
di comunicare è diventata una realtà quotidiana e la generazione conosciuta con
l’espressione, nativi digitali (Ferri 2011) non riesce a immaginarsi
senza essere circondata da una molteplicità di schermi.
Questo straordinario fenomeno comunicativo
che si presenta attraverso nuovi paradigmi è considerato da molti studiosi, tra
i quali il sociologo Manuel Castells,
come un fenomeno globale e locale; globale perché, proprio grazie al sistema nervoso
digitale che si è progressivamente distribuito attorno al mondo, è nata e si è
ampiamente diffusa, la new economy. Locale perché si tratta anche di una
rivoluzione dell’individuo singolo oltre che collettiva. L’ecosistema di
Internet permette a tutti di diventare autori e di comunicare, soprattutto di rendersi visibili. È con la comunicazione in
Rete che si compie la rivoluzione digitale cominciata con la trasformazione dei
supporti. Come afferma il Prof. Ferri, nel testo “I nuovi media e il
web 2.0”, è con la comunicazione in Rete che gradualmente si passa e si sta
passando dalla galassia gutenberghiana alla galassia Internet.
L’industria culturale con l’espansione
della rete modifica sostanzialmente la
propria politica di diffusione delle informazioni. La società postmoderna,
detta informazionale, fonda la
produttività sul possesso e la capacità di processare informazione e diffondere
conoscenza. Il motore dell’economia informazionale, tuttavia, sono le idee, come afferma la Dottssa.
Petti, nel suo saggio “Apprendimento informale in rete”, le idee
sono un bene immateriale e abbondante non soggetto alla legge dei profitti, ma
ad una nuova teoria di crescita culturale.
Il web 1.0 rappresenta la prima
fase di diffusione e utilizzo di questa tecnologia immaginata come uno spazio in
cui l’utente avesse un ruolo attivo anche nel costruire i contenuti, il read/write web; in realtà fino agli
anni ‘90 non è stato così perché quel tipo di rete non era accessibile a tutti.
Le cose cambiano rapidamente quando gradualmente si scopre l’importanza di promuovere
la naturale propensione al lavoro collaborativo attraverso la rete. In seguito
a questa consapevolezza si ampliano le possibilità di espressione del sé attraverso
nuovi strumenti digitali come il Blog, gli aggregatori RSS, i , il Wiki, cioè i
primi server-programme che
permettono agli utenti di collaborare nel creare il contenuto all’interno di
uno spazio condiviso. Il più importante progetto realizzato con questa
applicazione è WIKIPEDIA, l’enciclopedia
libera interamente costruita e ri-costruita, in itinere, dagli utenti.
I nuovi media digitali coinvolgono
menti e corpo in un processo di interattività mediatica; l’interattività
diventa caratteristica distintiva del nuovo modello di comunicazione reticolare
e bidirezionale; ogni nodo della rete è al contempo potenzialmente emittente e
ricevente, può cioè accedere al flusso informativo, selezionare e archiviare
ciò che interessa, procedere alla manipolazione delle informazioni attraverso
rielaborazioni creative e rilanciare nella rete quanto prodotto e/o modificato.
Oggi è la rete a diventare centro
del sé narrativo di ciascun soggetto; le tecnologie di rete creano una semiosfera, in cui spazio e tempo perdono la loro tradizionale dimensione per
approdare in nuovi contesti, acquistando una nuova dimensionalità, quella della
simultaneità despazializzata. Nella
società in rete acquistano valore e rilievo altri tipi di identità, come analizza lo studioso Castells,
si parla di una identità resistenziale e identità progettuale. Per
identità resistenziale, Castells intende la formazione di comunità capaci di
far fronte a situazioni difficili; l’identità progettuale è intesa anch’essa
come resistenza, ma nei confronti dei prorompenti meccanismi
dell’informazionalismo, inteso anche come diluvio informazionale.
Oltre alla diffusione della banda
larga e al potenziamento della capacità di memoria e di processo, c’è da dire
che il cambiamento rimane comunque essenzialmente di tipo culturale: si afferma
un nuovo modello di comunicazione teso a portare produzione e fruizione del
contenuto a livello del network, una
comunicazione tra pari definita policentrica. Internet e le nuove
tecnologie mobili permettono a un numero incredibile di persone di dialogare,
collaborare e apprendere in tempo reale e in modo continuativo nell’ottica del life
long learning. Si tratta del potere dello sciame, dotato di potenzialità
intellettive maggiori rispetto a quelle dei singoli elementi che lo compongono.
Il successo dipende dal grado di partecipazione attiva dei nodi della rete, una
tipologia di partecipazione sollecitata da tre fattori: fattore di
socializzazione che producono il rafforzamento
continuo dei legami deboli; fattori motivazionali, come la possibilità di
espressione del sé, la “voglia” di notorietà
o di acquisire prestigio attraverso le competenze possedute; fattori etici, che sono determinanti per il
successo di un lavoro collaborativo e comprendono generosità, disponibilità
all’aiuto reciproco, apertura mentale.
Il web 2.0 vede l’utente
direttamente coinvolto nel processo di produzione dei contenuti. Il consumer, riprendendo la definizione di
Alvin Toffler, diventa
prosumer, ovvero centro di
propulsore di costruzione di contenuti
digitali. Il nuovo abito comportamentale dell’utente contemporaneo può essere
considerato un elemento di passaggio tra
old e new media, tra la modalità di consumo culturale push, tipica dei mass media tradizionali, in cui l’utente ha scarsa
possibilità di scelta dei contenuti da consumare e, praticamente, nessuna
possibilità di rielaborazione, e la modalità pull, intesa come un ambiente cognitivo in cui l’utente decide di
quali contenuti appropriarsi e interviene attivamente nel processo
interpretativo e di rielaborazione. L’impatto sulle dinamiche sociali di questo
impegno è incisivo, trattandosi non solo di appropriazione, ma anche di
assunzione di responsabilità; ad esso corrispondono, infatti, lo sviluppo di
autonomia e abilità critica che influiscono sul grado di partecipazione democratica
alla società di appartenenza.
Il cambio della natura stessa della
comunicazione si riflette, inoltre, sulle relazioni sociali nei termini di inclusione-esclusione. L’utente deve appropriarsi di una
nuova modalità di adattamento alla società informazionale.
Nell’epoca della connessione a
banda stretta, il Web 1.0 offriva un sistema di fruizione delle proprie
applicazioni in modo semi-passivo; composto da ipertesti navigabili attraverso
browser grafici. Le informazioni sono trattate in maniera statica, possiamo
immaginarle come un semplice foglio di Word con testo e immagini, pubblicato
sul Web. L’utente di fronte a questo tipo di interfaccia può interpretare solo
il ruolo di fruitore/consumatore passivo, legge e passa oltre, senza nessuna
interazione. Navigando in rete, quella 2.0, ho scoperto che attualmente il 70%
degli utenti è ancora abituato a questo tipo di navigazione; non ho elementi in
mio possesso per dichiarare il dato dimostrabile oggettivamente, tuttavia la
percentuale mi sembra piuttosto elevata, ammesso che sia reale!
Dopo
queste riflessioni nate dallo studio dei testi consigliati nel corso, mi sorge
una domanda: - Se dovessi spiegare ai miei bambini i concetti esposti, le
differenze sostanziali fra i due sistemi comunicativi a confronto, quale
percorso potrei utilizzare?”. L’illuminazione mi arriva dalla mia esperienza
d’insegnante!
Uno degli
aspetti straordinari del mio lavoro è che mentre insegno, contestualmente, ho
l’opportunità di imparare insieme ai miei alunni, perciò per comprendere
pienamente le caratteristiche del Web 1.0, attraverso una interessante e
intenzionale navigazione in Rete, ho effettuato un’attività di lettura
iconografica di alcune significative immagini.
La lettura delle
immagini è un’attività che racchiude sempre un certo fascino, è una metodologia
didattica che uso frequentemente, soprattutto quando voglio creare delle
aspettative, sollecitare il bisogno di scoperta e quando, nella fase di
brainstorming, intenzionalmente, attivo quei processi di recupero di ciò che
gli alunni già conoscono della tematica che si affronta, per partire da
elementi esperienziali che ciascuno di essi porta con sé.
Analizziamo la prima
immagine.
Nella F.1 La lavagna di ardesia ci
dà la percezione della staticità;
l’uso della lavagna tradizionale richiama una modalità di comunicazione
prettamente classica, quella trasmissiva, in cui si strutturano contenuti
standard, uguali per tutti i fruitori, all’interno di un ambiente organizzato
in modo minimalista.
Il “volo” del gatto è in questo
caso emblema di dinamicità. Ci
sollecita l’idea di una comunicazione attiva, costruita sui bisogni del
fruitore in un ambiente interattivo in cui il setting dà la possibilità di
costruire e ri-costruire la comunicazione in relazione ai bisogni emergenti del
soggetto che ne usufruisce, può essere definita, personalizzazione comunicativa in ambiente on line.
Possiamo analizzare e ricavare dal
linguaggio delle immagini altri spunti di riflessione o elementi di differenza
fra i due sistemi.
La
metafora del giardinaggio potrebbe esserci utile: nella Rete Web 1.0 l’utente,
il giardiniere, è solo nel suo spazio Web, ha il suo fazzoletto di terra che
può coltivare con una ristretta tipologia di piante. La sua azione è fortemente
limitata, lui è chiuso nel suo recinto!
Il secondo
giardiniere, magari più creativo, riesce a coltivare anch’egli il suo
fazzoletto di terra, ma anch’egli è chiuso nel suo spazio, è solo!
Così
accade al terzo giardiniere.
I tre
fruitori della Rete 1.0, possono usufruire della tecnologia, ma possono farlo
in modo isolato, mancano gli elementi distintivi del web 2.0, ovvero, la condivisione e la cooperazione, come si evince dal giardino sottostante in cui si fa
risaltare il ruolo del lavoro collaborativo.
Nella terza immagine,
gli elementi caratteristici del sistema originario sono ancora più espliciti;
·
il Webmaster crea i contenuti Web,
·
li pubblica nella Rete.
Ciò che avviene dopo è
il focus del sistema, ovvero una sorta di ingabbiamento;
·
la comunicazione dalla fonte all’utente è limitata
·
l’utente naviga il Web, utilizza gli strumenti che ha a disposizione
·
la comunicazione con i creatori dei contenuti, tuttavia, non avviene,
diciamo che si verifica una forma
comunicativa a circuito chiuso, unidirezionale.
Anche nella Fig. 4 gli elementi
distintivi sono fortemente espliciti, e, dopo un’accurata trascrizione in
italiano, i bambini avranno acquisito i dati più significativi racchiusi nel
messaggio della mappa.
Continuiamo con il nostro percorso di lettura delle immagini per
attivare in modo ancora più coinvolgente il processo di comparazione, cerchiamo
di penetrare i nuclei del Web 2.0.
Il termine Web 2.0 venne
coniato da Tim O’Reilly, le riflessioni partirono da un suo articolo dal titolo
“What is Web 2.0?” in cui tenta di dare una definizione del nuovo
sistema. Spiegare cosa sia non è per niente facile e per chiarire la
complessità è utile ricorrere alla metafora utilizzata da Thomson: “Cercare
di definire il WEB 2.0 equivale a voler cambiare le gomme dell’auto mentre si
sta viaggiando!”, ma anche in questo caso le immagini possono aiutare.
Per la prima volta si iniziò a dare grande importanza all’usabilità e
al modo di condividere i contenuti, ma anche gli strumenti. Attualmente il webmaster non è che una parte del sito, in
alcuni casi, è composto da comunità di migliaia di utenti (come Wikipedia).
Nella F.5 compaiono
nuovi elementi che arricchiscono da un lato il nostro apprendimento, dall’altro
la consapevolezza per ciò che si sta esplorando. Penetrare l’espressione “The
semantic Web” ci offre nuovi spunti di riflessione e la possibilità di
produrre, contemporaneamente, nuove conoscenze.
In Wikipedia si legge:
“Il Web 2.0 costituisce anzitutto un approccio filosofico alla rete che ne
connota la dimensione sociale, della condivisione, dell'autorialità rispetto
alla mera fruizione: sebbene dal punto di vista tecnologico molti strumenti della
rete possano apparire invariati (come forum, chat e blog, che
"preesistevano" già nel web 1.0) è proprio la modalità di utilizzo
della rete ad aprire nuovi scenari fondati sulla compresenza nell'utente della
possibilità di fruire e di creare/modificare i contenuti multimediali.
Sebbene potenzialmente in
luce nello stesso paradigma di rete, che si nutre del concetto di condivisione
delle risorse, rappresenta la concretizzazione delle aspettative dei creatori
del Web, che solo grazie all'evoluzione tecnologica oggi costituiscono una
realtà accessibile. La
possibilità di accedere a servizi a basso costo in grado di consentire
l'editing anche per l'utente poco evoluto, rappresenta un importante passo
verso un'autentica interazione e condivisione in cui il ruolo dell'utente è
centrale.
Nel descrivere le
caratteristiche del Web 2.0 si procede spesso per confronto con il Web 1.0,
indicando come nel passaggio di versione gli elementi fondamentali si siano
evoluti o siano stati sostituiti da nuovi. Si tratta dunque di un modo di
rappresentare il Web 2.0 divulgativo e non prettamente tecnico, ma piuttosto
efficace per riconoscere l'evoluzione dei sistemi su internet”.
Figura
6
Alcuni passaggi presenti
nell’articolo in WIKIPEDIA e la mappa della F.6 sintetizzano gli elementi costitutivi
che rappresentano l’impalcatura del Web 2.0: ciò che mi ha maggiormente colpito
è il senso evolutivo, sia per quanto
riguarda gli strumenti tecnici sia per quanto riguarda il
soggetto-fruitore.
La rivoluzione copernicana di cui parlo, è dunque di tipo culturale ed è racchiusa proprio nei termini; pubblicazione”, “partecipazione”,
“condivisione”. È questa la
differenza sostanziale.
- Ho scelto questa
immagine perché il messaggio implicito potrebbe essere interpretato così:
“Tutti dentro! Tutti sulla
piattaforma!”
Il web diventa una piattaforma, ovvero, in rete
gli utenti possono disporre di numerosi servizi, applicazioni che hanno la
stessa funzione di un software installato sul computer di casa, questi servizi
sono gli strumenti entro i quali i “naviganti” possono incontrarsi per
costruire relazioni significative intorno a tematiche di reciproco interesse.
A questo punto del nostro percorso compare il
concetto di comunità.
Nel testo “Apprendimento informale in rete”
(Petti) si legge che, quando si parla della rete, non è facile determinare il
concetto di comunità, tuttavia esso richiama sempre sentimenti positivi. Innanzi
tutto la comunità è un luogo che offre calore, è intimo e conforta. All’interno
della comunità i legami fra le persone
si sostanziano in modo significativo. Se attiviamo una ricerca semantica del
termine, si scopre il significato originale della radice latina communis
composto da cum=insieme e munis= che assolve il proprio compito;
si pone l’accento, quindi, sul gruppo all’interno del quale le persone si
sentono di appartenere ad una collettività e ne
condividono norme, valori, comportamenti e cercano di impegnarsi per risolvere
problemi comuni. Dunque la rivoluzione culturale di cui parlo è anche una
rivoluzione di tipo semantico.
Come afferma BAUMAN, nella società
liquida, caratterizzata dalla frammentazione dell’io e delle unioni sociali ed
affettive, diventa crescente il bisogno di comunione, inteso come luogo
comunitario in cui condividere l’appartenenza al gruppo, ovvero, a quella
entità di carattere umano che può arginare il senso di instabilità individuale
e di insicurezza. Ma dietro al bisogno di fare comunità c’è anche il bisogno di
condivisione semantico-linguistico-valoriale
che, tradotto semplicemente, vuol dire: dietro e dentro la comunità c’è il
bisogno di crescita, di apprendimento, il bisogno di dare e di ricevere
educazione, di dare e di ricevere formazione. La diversità fondamentale
rispetto al passato è che oggi si fa comunità per scelta e non per necessità.
L’individuo decide autonomamente di diventare membro di comunità on line, la
sua scelta è dettata dai bisogni appena esposti. Dunque la comunità, intesa come luogo di
educazione degli adulti e dei giovani, trova la sua ragion d’essere proprio nel
rispondere al bisogno di formazione
dell’individuo che non avviene mai nella solitudine sociale, bensì nell’ambito di un contesto relazionale, di un
ambiente con molteplici risorse, che nel web 2.0 si identifica con il termine learning comunity.
Con il Web si estende il concetto di comunità di
rete o comunità virtuale che indica gruppi di persone che pur non conoscendosi
direttamente intrattengono relazioni a distanza che alimentano legami sociali, i quali si solidificano proprio grazie al clima che si
“respira” all’interno della community.
Il fenomeno delle comunità
on line nasce e si sviluppa a partire dagli anni novanta a seguito della
diffusione di internet e delle tecnologie di RETE. Sono nuclei sociali che si
formano quando alcune persone partecipano costantemente a dibattici pubblici. Lo
scopo principale delle comunità on line è proprio quello di fare in modo che
più persone possano scambiarsi opinioni e intrecciare conversazioni su
argomenti di interesse specifico. Ferri
descrive le comunità on line “Come
isole nella RETE, luoghi che si aprono all’interno della RETE telematica e dove
effettivamente, come in un’Agorà dell’antica Grecia, la gente si incontra, si
trova e stabilisce delle relazioni”.
Vi sono diverse tipologie di community, esse vengono
classificate in base a scopi, obiettivi, ma soprattutto in base ai bisogni dei
suoi membri:
- comunità di transizione in cui si creano
relazioni di tipo commerciale
- comunità di interessi, luoghi dove si
condividono esperienze di qualsiasi tipologia
- comunità di fantasia basata sulla
narrazione di storie fantastiche dove si possono creare personaggi, il
proprio avatar, dove si effettuano giochi di ruoli
- comunità di relazione in cui si condividono
esperienze e stili di vita, come possono essere le comunità religiose
- comunità spontanee questi sono gruppi
che, per interagire tra loro, non utilizzano ambienti o piattaforme
strutturate, bensì semplici
strumenti di comunicazione interpersonali, forum o mailing-list.
Sono interessati a uno o più temi riguardanti gli interessi personali dei
membri, sono caratterizzate da scopi pluri-finalistici.
- Comunità di apprendimento e comunità di pratica: hanno
finalità precise; quelle di apprendimento si strutturano all’interno di un
percorso didattico, hanno lo scopo di sviluppare nei partecipanti la
conquista di nuove competenze in termini di conoscenze e abilità. Le
comunità di apprendimento hanno in genere un ciclo di vita breve e sono
guidate da un tutor. Quelle di pratica sono legate più al mondo del lavoro,
sono autogestite e si basano sulla condivisione di esperienze e pratiche e
sull’aiuto reciproco nell’affrontare i problemi legati alla professione. Entrambe
hanno bisogno di ambienti ben strutturati.
La Rete quindi evolve in piattaforma, intesa
come infrastruttura del tipo LMS, CMS, Forum Management System. La piattaforma diventa un valore aggiunto all’implementazione
non solo del servizio erogato, ma anche per quanto riguarda un nuovo tipo di
socializzazione giocata e costruita in spazi non più fisici, oserei dire
meta-fisici, anche se si è tendenzialmente portati a usare il termine virtuale.
Pertanto, la figura 7 si commenta da sola!
Nel Web
1.0, i luoghi in cui nascono le community on line sono ambienti come i Forum o Messenger. Le community vecchio stile hanno avuto la peculiarità di
far ruotare tutta la loro comunicazione intorno allo strumento forum. Il Forum è uno spazio virtuale
di interazione asincrona, a differenza della chat dove l'interazione avviene in
tempo reale, nel quale più soggetti postano messaggi in relazione alle
tematiche proposte. Al contrario della chat i messaggi permangono nel tempo,
quindi il mezzo si presta ad attività di riflessione, ad un approfondimento dei
temi, oltre che ad uno scambio di idee e opinioni.
Lo
strumento forum rappresenta lo sfondo integratore fra i membri di una community
che al suo interno scambiano esperienze e conoscenze creando nuclei tematici di
apprendimento e di insegnamento reciproco.
Gli studiosi del fenomeno community, fin dalla
prima generazione nata in ambiente Web 1.0, avevano compreso l’importanza degli
apprendimenti informali e non formali che prendono vita all’interno dei gruppi.
Si tratta di un apprendimento fortemente sostenuto dalla motivazione e
dall’interesse verso uno specifico tema, perciò altamente significativi, e
dotati di potenzialità trasformatrici.
L’implementazione
del forum come strumento, probabilmente, lo si deve alla consapevolezza che
all’interno della rete, durante la navigazione l’utente apprende costantemente;
questa modalità d’imparare in rete non rientra nei canoni tradizionali, ma
spazia in ambiti, cosiddetti informali e spesso non presentano intenzionalità.
Attualmente con la costante
implementazione degli strumenti Web 2.0 l’attenzione alle community on line è
molto alta.
Nel Web 2.0 la comunicazione
mediale si realizza all’interno dei cosiddetti Social Network che in quanto
spazio mediatico presenta alcune differenze rispetto alle piattaforme presenti
nel Web 1.0.
Nel testo “Apprendimento
informale in Rete” ho avuto modo di focalizzare, attraverso la tabella che
riporto di seguito, quelle che sono le differenze più incisive fra community e
Social network.
Community on line
|
Social network
|
Forum
|
Bacheca wall
|
Tempo per la riflessione
|
Messaggi immediati
|
Tematiche di interesse
|
Reti
|
Gruppo
|
Individuo cura della propria identità e rete sociale
|
Moderazione della comunicazione
|
Moderazione della comunicazione e sui documenti
|
Nei Social Network (SN) il livello
molto alto di sincronia determina una interazione che tende all’immediatezza, come avviene in Facebook (FB), dove le
risposte arrivano tempestivamente, comunicazione sincrona: ne consegue che, da
un lato, la comunicazione nei SN non strutturati come community di scopo è
caratterizzata dalla difficoltà di mantenere il discorso all’interno di un
argomento preciso, con la conseguenza di un aumento di derive comunicative
(Rivoltella 2003); dall’altro i messaggi,
essendo immediati, sono spesso istintivi e impulsivi, non si è
tendenzialmente portati alla riflessione prima di inserire la risposta.
Nelle Fig. 7, 8 e 9 riporto alcuni
esempi di come avviene la comunicazione e l’interazione all’interno di un Forum
sulla piattaforma LMS ( LEARNING MANAGEMENT SYSTEM) della IUL.
Figura 7
IL FORUM si apre con un messaggio di benvenuto della tutor, Dott. Petti
che, come in una sorta di warm up, invita
i corsisti a presentarsi.
Figura 8
In seguito il forum si struttura per temi, ovvero, ogni area accoglie
una discussione monotematica fra tutor e
corsisti, fra corsisti.
Figura 9
In questo modo la comunicazione è
strutturata in modo molto ordinato: chi consulta il forum non è investito da
una valanga di thread che si affastellano privi di organizzazione. La
consultazione dell’utente, interessato ai diversi temi in discussione, è
ordinata, il sistema cronologico degli interventi compreso i feedback di
ritorno del moderatore, appaiono in una cornice di facile fruizione; secondo
me, si potrebbe dire che la comunicazione reciproca, mediata dal computer, in
questo caso, acquista valore sia in
efficacia che in efficienza.
Ho avuto modo di fare esperienza
nel Forum già dal 2005, sulla piattaforma INDIRE, il primo impatto, ricordo
molto bene, mi aveva lasciata piuttosto perplessa, lamentavo in questo tipo di
comunicazione una certa freddezza e distacco. Questo impatto emozionale aveva
condizionato la partecipazione allo stesso forum riducendola a mera attività
tecnica, come dire, un po’ asettica. In seguito ho avuto modo di partecipare ad
altri forum fino ad arrivare in IUL dove la sensazione di freddezza e
asetticità è totalmente sparita. Mi sono chiesta cosa fosse accaduto nel
frattempo.
La risposta è semplice e immediata.
In primo luogo perché un forum abbia successo in termini di efficacia, cioè in
termini di apprendimento, molto dipende dalla motivazione dei partecipanti e
dal coinvolgimento attivo che avviene nella reciproca relazione; un altro
aspetto rilevante è il clima, sì proprio il clima che si crea all’interno del
gruppo che abita il forum, qui diciamo che un ruolo determinante è giocato dal
tutor che, quando esercita la propria azione in Rete, è definito moderatore,
anche se in un contesto prettamente formativo, la figura dell’e-tutor si
identifica con quella dell’e-moderator. Il suo compito non è per niente facile,
occorre un buon bagaglio di energie e competenze per guidare e condurre i
membri e le discussioni in modo che ci sia un reale coinvolgimento di tutti i
soggetti, gli abitanti della community. Le funzioni del moderatore sono
molteplici: funzione sociale, organizzativo-strutturale, animatore, moderatore,
osservatore, coadiuvante dell’azione del community manager, scaffolder emotivo.
Il moderatore ha il compito di visionare gli interventi individuali, i
materiali in upload, ma è necessario che faccia anche una lettura di ciò che di
implicito naviga fra le varie discussioni, interpretando così i bisogni dei
discenti, sia quelli dichiarati, ma soprattutto quelli non dichiarati. Il
mediatore del forum ha una grande responsabilità perché grazie alle sue competenze
può far emergere quanto di non detto appare negli scambi di idee, egli è in
grado di allentare quelle tensioni che si creano nel processo di apprendimento
che spesso è fonte di sconforto e inadeguatezza in chi si appresta a mettersi
in gioco, accettando nuove sfide culturali.
Durante questo percorso ho avuto
modo di visionare, in ambienti strutturati, diversi esempi di comunicazione, processi
di apprendimento, scambi di materiali per lo studio, condivisione di medesime
preoccupazioni, come nelle figure 10, 11 che riporto di seguito.
Figura 10
Figura 11
Queste immagini le ho pescate
in una community di studenti universitari in Scienze delle Comunicazioni; in questo Sito (http://www.comunicazionidimassa.net/
è interessante
leggere i vari post prima degli appelli, scoprire quanto gli studenti sappiano
essere solidali e sappiano essere di aiuto reciproco. Anche le comunità di
studenti hanno qualcosa in comune con le comunità di pratica, quelle in cui si
impara a fare qualcosa, ciò che voglio dire è che in questi gruppi di rete si
impara sempre, a volte l’oggetto dell’apprendimento può non essere
esclusivamente materiale, infatti quello che ho percepito navigando è che, indipendentemente dal tema, all’interno
della comunità on line in ambiente strutturato, si costruisce sempre qualcosa,
vuoi dal punto di vista relazionale, vuoi dal punto di vista strettamente
scolastico. Ciò che si impara è anche essere ed esprimere se stessi, accettando
i propri limiti, dichiarando le problematiche reali che si incontrano e che,
risolvere insieme, appare più sollevante, il cosiddetto potere dello sciame di
cui parlavo all’inizio, ma anche il potere delle menti aperte!
Oggi, tuttavia, la comunicazione mediata dal computer si gioca anche su
un altro fronte, quello del Social Network (SN) come la piattaforma Facebook (FB)
, in cui lo scambio verbale assume, rispetto a ciò che avviene nei forum, altri
connotati.
Nell’ambiente accademico ci si
chiede spesso come mai ci sia stato e ci sia una diffusione così massiccia dei Social
Network; in queste piattaforme si rileva un livello molto alto di sincronia
comunicativa, si tratta di una interazione immediata dove le risposte, i
feedback, arrivano in modo tempestivo. Questa modalità di scambio veloce
comporta alcuni svantaggi come quello di mantenere la discussione on-topic.
Accade che all’interno dei SN così strutturati si creino delle derive comunicative,
una sorta di disordine nel quale non è più possibile rintracciare il filo di un
discorso iniziale. Analizzando alcune conversazioni in FaceBook (FB) ciò che
balza all’attenzione è che i messaggi sono spesso istintivi, non vi è la
ricerca di una risposta contestuale alla tematica, non vi è la possibilità della riflessione e
dell’approfondimento. Anche sul versante della moderazione compaiono alcuni
aspetti critici; è vero che l’utente è tenuto a rispettare una precisa
netiquette comunicativa, a rispettare la privacy propria e altrui, ma
l’esercizio della moderazione appare davvero complesso sia per il repentino
accavallarsi delle discussioni, sia per la mole di materiali postati. C’è da
dire inoltre che non sempre nelle community dei Social è presente un moderatore
come figura di riferimento, tuttavia, ci si augura che si attui una
auto-moderazione gestita dagli utenti sia dal punto di vista relazionale sia
dal punto di vista contenutistico.
Il social network come FB trovano
la ragione della loro marcata diffusione nel fatto che, in primis, rispondono
al bisogno dei giovani, ma anche dei meno giovani, di ampliare la loro rete
sociale. Dalle tipologie di conversazioni che ho avuto modo di sbirciare
nell’account di mia figlia ho rilevato che, a parte la condivisione di
contenuti relativi agli impegni di scuola che si verifica quando si condivide la
stessa classe o il medesimo corso universitario, le parole a fiumi che si
utilizzano nelle discussioni hanno lo scopo di allacciare o ri-allacciare nuove
e vecchie amicizie. Le conversazioni in FB che rispondono alla logica del “What
are you doing?” non hanno uno sfondo integratore come può averlo una community
nelle tipologie descritte sopra. Nelle
comunità informali che nascono in FB i membri vivono la loro identità virtuale
non come una identità altra che si aggiunge a quella reale; come si legge in Nativi
Digitali di Ferri “…la loro pagina su FB costituisce un elemento
strutturale della loro identità reale…”
ciò implica che i giovani, gli studenti entrano e vivono in FB o in
qualsiasi Social Network con tutto il loro sé reale, integrando la loro soggettività
virtuale con quella reale, che non è vissuta come virtuale, ma solo come unica
e reale. Perciò, secondo me, lo studente del Web. 2.0 riconosce e capisce che
si mischiano due piani formale e informale, ma, vivendo in simbiosi con
l’ecosistema mediale, non ritiene quest’ultimo una proiezione staccata della
sua quotidianità, la ritiene, invece, intimamente interconnessa con la propria
individualità e con il proprio vissuto. Allora si comprende perché lo studente può
decidere di spostare sul piano amicale il docente, perché per lui la rete non è
solo un luogo di svago come può esserlo il centro sportivo, la rete oggi è lo
spazio in cui si giocano le relazioni vere, quelle esistenziali appunto, in tutte le
sfaccettature possibili. Tuttavia non sempre accade che lo studente accetti la
presenza del docente all’interno del proprio gruppo informale. A questo punto
della riflessione viene quasi naturale ribaltare il ragionamento e mi chiedo: “
Perché il docente tenta di spostare in FB la relazione con i propri studenti?”
Mi viene da pensare che lo faccia per sperimentare i linguaggi e i luoghi usati
dai giovani allo scopo di implementare una comunicazione sempre più
intenzionale e orientata all’apprendimento formale in contesti informali.
Tuttavia lo spostamento dei processi di insegnamento e apprendimento formali in
ambienti informali, come può esserlo un Social Network non è un’operazione che
avviene semplicemente, richiede, infatti, un’attenta progettualità che si gioca
su diversi fronti a causa delle problematiche che possono emergere nella
gestione dei gruppi, nel controllo della mole di contenuti postati, ma
soprattutto sul versante della possibilità di esprimere una valutazione anche
in merito a quegli apprendimenti detti non formali che caratterizzano la
formazione dell’individuo.
BIBLIOGRAFIA
- Apprendimenti
informali in Rete di Livia Petti
- I nuovi media e il web
2.0 di P. Ferri, S. Mizzella, F. Scenini
- Nativi digitali di
Paolo Ferri
- Didattica on line di
Garavaglia
NETGRAFIA
Nessun commento:
Posta un commento
Sono interessata al tuo commento se:
non è anonimo
se usi un linguaggio corretto, decoroso e rispettoso
se ti esprimi in modo attinente al contenuto del post.
In caso contrario il tuo commento non sarà pubblicato.