domenica 21 luglio 2013

TECNOLOGIE ATTIVITÀ' MODULO 3

RELAZIONE FINALE

 Lisia Piovano


CMC 1.0 E CMC 2.0 A CONFRONTO




Tra il 1992 e il 1993, quando Tim Lee inventò  l’attuale modalità di fruire di Internet e quindi la possibilità di condividere le conoscenze umane in una rete interattiva, non si pensava che questo sistema tecnologico avrebbe radicalmente modificato la nostra società, il nostro modo di insegnare, di vivere, di trasmettere il sapere, in definitiva il modo di comunicare fra gli individui.
Oggi questa modalità non gutenberghiana di comunicare è diventata una realtà quotidiana e la generazione conosciuta con l’espressione, nativi digitali (Ferri 2011) non riesce a immaginarsi senza essere circondata da una molteplicità di schermi.
Questo straordinario fenomeno comunicativo che si presenta attraverso nuovi paradigmi è considerato da molti studiosi, tra i quali il sociologo Manuel Castells, come un  fenomeno globale e locale; globale perché, proprio grazie al sistema nervoso digitale che si è progressivamente distribuito attorno al mondo, è nata e si è ampiamente diffusa, la new economy. Locale perché si tratta anche di una rivoluzione dell’individuo singolo oltre che collettiva. L’ecosistema di Internet permette a tutti di diventare autori e di comunicare, soprattutto di  rendersi visibili. È con la comunicazione in Rete che si compie la rivoluzione digitale cominciata con la trasformazione dei supporti. Come afferma il Prof. Ferri, nel testo “I nuovi media e il web 2.0”, è con la comunicazione in Rete che gradualmente si passa e si sta passando dalla galassia gutenberghiana alla galassia Internet.
L’industria culturale con l’espansione della rete modifica sostanzialmente  la propria politica di diffusione delle informazioni. La società postmoderna, detta informazionale, fonda la produttività sul possesso e la capacità di processare informazione e diffondere conoscenza. Il motore dell’economia informazionale, tuttavia, sono le idee, come afferma la Dottssa. Petti, nel suo saggio “Apprendimento informale in rete”, le idee sono un bene immateriale e abbondante non soggetto alla legge dei profitti, ma ad una nuova teoria di crescita culturale.
Il web 1.0 rappresenta la prima fase di diffusione e utilizzo di questa tecnologia immaginata come uno spazio in cui l’utente avesse un ruolo attivo anche nel costruire i contenuti, il read/write web; in realtà fino agli anni ‘90 non è stato così perché quel tipo di rete non era accessibile a tutti. Le cose cambiano rapidamente quando gradualmente si scopre l’importanza di promuovere la naturale propensione al lavoro collaborativo attraverso la rete. In seguito a questa consapevolezza si ampliano le possibilità di espressione del sé attraverso nuovi strumenti digitali come il Blog, gli aggregatori RSS, i , il Wiki, cioè i primi server-programme che permettono agli utenti di collaborare nel creare il contenuto all’interno di uno spazio condiviso. Il più importante progetto realizzato con questa applicazione è WIKIPEDIA, l’enciclopedia libera interamente costruita e ri-costruita, in itinere, dagli utenti.
I nuovi media digitali coinvolgono menti e corpo in un processo di interattività mediatica; l’interattività diventa caratteristica distintiva del nuovo modello di comunicazione reticolare e bidirezionale; ogni nodo della rete è al contempo potenzialmente emittente e ricevente, può cioè accedere al flusso informativo, selezionare e archiviare ciò che interessa, procedere alla manipolazione delle informazioni attraverso rielaborazioni creative e rilanciare nella rete quanto prodotto e/o modificato.
Oggi è la rete a diventare centro del sé narrativo di ciascun soggetto; le tecnologie di rete creano una semiosfera, in cui spazio e tempo perdono la loro tradizionale dimensione per approdare in nuovi contesti, acquistando una nuova dimensionalità, quella della simultaneità  despazializzata. Nella società in rete acquistano valore e rilievo altri tipi di  identità, come analizza lo studioso Castells, si parla di una identità resistenziale e identità progettuale. Per identità resistenziale, Castells intende la formazione di comunità capaci di far fronte a situazioni difficili; l’identità progettuale è intesa anch’essa come resistenza, ma nei confronti dei prorompenti meccanismi dell’informazionalismo, inteso anche come diluvio informazionale.
Oltre alla diffusione della banda larga e al potenziamento della capacità di memoria e di processo, c’è da dire che il cambiamento rimane comunque essenzialmente di tipo culturale: si afferma un nuovo modello di comunicazione teso a portare produzione e fruizione del contenuto a livello del network,  una comunicazione tra pari definita policentrica. Internet e le nuove tecnologie mobili permettono a un numero incredibile di persone di dialogare, collaborare e apprendere in tempo reale e in modo continuativo nell’ottica del life long learning. Si tratta del potere dello sciame, dotato di potenzialità intellettive maggiori rispetto a quelle dei singoli elementi che lo compongono. Il successo dipende dal grado di partecipazione attiva dei nodi della rete, una tipologia di  partecipazione  sollecitata da tre fattori: fattore di socializzazione che producono il  rafforzamento continuo  dei legami deboli;  fattori motivazionali, come la possibilità di espressione del sé, la “voglia” di  notorietà o di acquisire prestigio attraverso le competenze possedute;  fattori etici, che sono determinanti per il successo di un lavoro collaborativo e comprendono generosità, disponibilità all’aiuto reciproco, apertura mentale.
Il web 2.0 vede l’utente direttamente coinvolto nel processo di produzione dei contenuti. Il consumer, riprendendo la definizione di Alvin Toffler, diventa prosumer, ovvero centro di propulsore  di costruzione di contenuti digitali. Il nuovo abito comportamentale dell’utente contemporaneo può essere considerato un elemento di passaggio  tra old e new media, tra la modalità di consumo culturale push, tipica dei mass media tradizionali, in cui l’utente ha scarsa possibilità di scelta dei contenuti da consumare e, praticamente, nessuna possibilità di rielaborazione, e la modalità pull, intesa come un ambiente cognitivo in cui l’utente decide di quali contenuti appropriarsi e interviene attivamente nel processo interpretativo e di rielaborazione. L’impatto sulle dinamiche sociali di questo impegno è incisivo, trattandosi non solo di appropriazione, ma anche di assunzione di responsabilità; ad esso corrispondono, infatti, lo sviluppo di autonomia e abilità critica che influiscono sul grado di partecipazione democratica alla società di appartenenza.
 Il cambio della natura stessa della comunicazione si riflette, inoltre, sulle relazioni sociali nei termini di inclusione-esclusione. L’utente deve appropriarsi di una nuova modalità di adattamento alla società informazionale.
Nell’epoca della connessione a banda stretta, il Web 1.0 offriva un sistema di fruizione delle proprie applicazioni in modo semi-passivo; composto da ipertesti navigabili attraverso browser grafici. Le informazioni sono trattate in maniera statica, possiamo immaginarle come un semplice foglio di Word con testo e immagini, pubblicato sul Web. L’utente di fronte a questo tipo di interfaccia può interpretare solo il ruolo di fruitore/consumatore passivo, legge e passa oltre, senza nessuna interazione. Navigando in rete, quella 2.0, ho scoperto che attualmente il 70% degli utenti è ancora abituato a questo tipo di navigazione; non ho elementi in mio possesso per dichiarare il dato dimostrabile oggettivamente, tuttavia la percentuale mi sembra piuttosto elevata, ammesso che sia reale!
Dopo queste riflessioni nate dallo studio dei testi consigliati nel corso, mi sorge una domanda: - Se dovessi spiegare ai miei bambini i concetti esposti, le differenze sostanziali fra i due sistemi comunicativi a confronto, quale percorso potrei utilizzare?”. L’illuminazione mi arriva dalla mia esperienza d’insegnante!
Uno degli aspetti straordinari del mio lavoro è che mentre insegno, contestualmente, ho l’opportunità di imparare insieme ai miei alunni, perciò per comprendere pienamente le caratteristiche del Web 1.0, attraverso una interessante e intenzionale navigazione in Rete, ho effettuato un’attività di lettura iconografica di alcune significative immagini.
La lettura delle immagini è un’attività che racchiude sempre un certo fascino, è una metodologia didattica che uso frequentemente, soprattutto quando voglio creare delle aspettative, sollecitare il bisogno di  scoperta e quando, nella fase di brainstorming, intenzionalmente, attivo quei processi di recupero di ciò che gli alunni già conoscono della tematica che si affronta, per partire da elementi esperienziali che ciascuno di essi porta con sé.
Analizziamo la prima immagine.

Figura 1
Nella F.1 La lavagna di ardesia ci dà la percezione della staticità; l’uso della lavagna tradizionale richiama una modalità di comunicazione prettamente classica, quella trasmissiva, in cui si strutturano contenuti standard, uguali per tutti i fruitori, all’interno di un ambiente organizzato in modo minimalista.  
Il “volo” del gatto è in questo caso emblema di dinamicità. Ci sollecita l’idea di una comunicazione attiva, costruita sui bisogni del fruitore in un ambiente interattivo in cui il setting dà la possibilità di costruire e ri-costruire la comunicazione in relazione ai bisogni emergenti del soggetto che ne usufruisce, può essere definita, personalizzazione comunicativa in ambiente on line.
Possiamo analizzare e ricavare dal linguaggio delle immagini altri spunti di riflessione o elementi di differenza fra i due sistemi.
figura 2 David Gauntlett
La metafora del giardinaggio potrebbe esserci utile: nella Rete Web 1.0 l’utente, il giardiniere, è solo nel suo spazio Web, ha il suo fazzoletto di terra che può coltivare con una ristretta tipologia di piante. La sua azione è fortemente limitata, lui è chiuso nel suo recinto!
Il secondo giardiniere, magari più creativo, riesce a coltivare anch’egli il suo fazzoletto di terra, ma anch’egli è chiuso nel suo spazio, è solo! 
Così accade al terzo giardiniere.
I tre fruitori della Rete 1.0, possono usufruire della tecnologia, ma possono farlo in modo isolato, mancano gli elementi distintivi del web 2.0, ovvero, la condivisione e la cooperazione, come si evince dal giardino sottostante in cui si fa risaltare il ruolo del lavoro collaborativo.   




Figura 3  
Nella terza immagine, gli elementi caratteristici del sistema originario sono ancora più espliciti;
·         il Webmaster crea i contenuti Web,
·         li pubblica nella Rete.
Ciò che avviene dopo è il focus del sistema, ovvero una sorta di ingabbiamento;
·         la comunicazione dalla fonte all’utente è limitata
·         l’utente naviga il Web, utilizza gli strumenti che ha a disposizione
·         la comunicazione con i creatori dei contenuti, tuttavia, non avviene, diciamo che si verifica una forma comunicativa a circuito chiuso, unidirezionale.





Figura 4
Anche nella Fig. 4  gli elementi distintivi sono fortemente espliciti, e, dopo un’accurata trascrizione in italiano, i bambini avranno acquisito i dati più significativi racchiusi nel messaggio della mappa.
Continuiamo con il nostro percorso di lettura delle immagini per attivare in modo ancora più coinvolgente il processo di comparazione, cerchiamo di penetrare i nuclei del Web 2.0.
Il termine Web 2.0 venne coniato da Tim O’Reilly, le riflessioni partirono da un suo articolo dal titolo “What is Web 2.0?” in cui tenta di dare una definizione del nuovo sistema. Spiegare cosa sia non è per niente facile e per chiarire la complessità è utile ricorrere alla metafora utilizzata da Thomson: “Cercare di definire il WEB 2.0 equivale a voler cambiare le gomme dell’auto mentre si sta viaggiando!”, ma anche in questo caso le immagini possono aiutare.
Per la prima volta si iniziò a dare grande importanza all’usabilità e al modo di condividere i contenuti, ma anche gli strumenti. Attualmente il webmaster non è che una parte del sito, in alcuni casi, è composto da comunità di migliaia di utenti (come Wikipedia).

Figura 5
Nella F.5 compaiono nuovi elementi che arricchiscono da un lato il nostro apprendimento, dall’altro la consapevolezza per ciò che si sta esplorando. Penetrare l’espressione “The semantic Web” ci offre nuovi spunti di riflessione e la possibilità di produrre, contemporaneamente, nuove conoscenze.

In Wikipedia si legge:
Il Web 2.0 costituisce anzitutto un approccio filosofico alla rete che ne connota la dimensione sociale, della condivisione, dell'autorialità rispetto alla mera fruizione: sebbene dal punto di vista tecnologico molti strumenti della rete possano apparire invariati (come forum, chat e blog, che "preesistevano" già nel web 1.0) è proprio la modalità di utilizzo della rete ad aprire nuovi scenari fondati sulla compresenza nell'utente della possibilità di fruire e di creare/modificare i contenuti multimediali.
Sebbene potenzialmente in luce nello stesso paradigma di rete, che si nutre del concetto di condivisione delle risorse, rappresenta la concretizzazione delle aspettative dei creatori del Web, che solo grazie all'evoluzione tecnologica oggi costituiscono una realtà accessibile. La possibilità di accedere a servizi a basso costo in grado di consentire l'editing anche per l'utente poco evoluto, rappresenta un importante passo verso un'autentica interazione e condivisione in cui il ruolo dell'utente è centrale.
Nel descrivere le caratteristiche del Web 2.0 si procede spesso per confronto con il Web 1.0, indicando come nel passaggio di versione gli elementi fondamentali si siano evoluti o siano stati sostituiti da nuovi. Si tratta dunque di un modo di rappresentare il Web 2.0 divulgativo e non prettamente tecnico, ma piuttosto efficace per riconoscere l'evoluzione dei sistemi su internet”.

Figura 6
Alcuni passaggi presenti nell’articolo in WIKIPEDIA e la mappa della F.6 sintetizzano gli elementi costitutivi che rappresentano l’impalcatura del Web 2.0: ciò che mi ha maggiormente colpito è il senso evolutivo,  sia per quanto riguarda gli strumenti tecnici sia per quanto riguarda il soggetto-fruitore. 
La rivoluzione copernicana di cui parlo, è dunque di tipo culturale ed è racchiusa proprio nei  termini; pubblicazione”, “partecipazione”, “condivisione”.  È questa la differenza sostanziale.

Figura 6


  • Ho scelto questa immagine perché il messaggio implicito potrebbe essere interpretato così: “Tutti dentro! Tutti sulla piattaforma!”
Il web diventa una piattaforma, ovvero, in rete gli utenti possono disporre di numerosi servizi, applicazioni che hanno la stessa funzione di un software installato sul computer di casa, questi servizi sono gli strumenti entro i quali i “naviganti” possono incontrarsi per costruire relazioni significative intorno a tematiche di reciproco interesse.
 A questo punto del nostro percorso compare il concetto di comunità.
Nel testo “Apprendimento informale in rete” (Petti) si legge che, quando si parla della rete, non è facile determinare il concetto di comunità, tuttavia esso richiama sempre sentimenti positivi. Innanzi tutto la comunità è un luogo che offre calore, è intimo e conforta. All’interno della comunità i  legami fra le persone si sostanziano in modo significativo. Se attiviamo una ricerca semantica del termine, si scopre il significato originale della radice latina communis composto da cum=insieme e munis= che assolve il proprio compito; si pone l’accento, quindi, sul gruppo all’interno del quale le persone si sentono di appartenere ad una collettività e ne condividono norme, valori, comportamenti e cercano di impegnarsi per risolvere problemi comuni. Dunque la rivoluzione culturale di cui parlo è anche una rivoluzione di tipo semantico.
Come afferma BAUMAN, nella società liquida, caratterizzata dalla frammentazione dell’io e delle unioni sociali ed affettive, diventa crescente il bisogno di comunione, inteso come luogo comunitario in cui condividere l’appartenenza al gruppo, ovvero, a quella entità di carattere umano che può arginare il senso di instabilità individuale e di insicurezza. Ma dietro al bisogno di fare comunità c’è anche il bisogno di condivisione semantico-linguistico-valoriale che, tradotto semplicemente, vuol dire: dietro e dentro la comunità c’è il bisogno di crescita, di apprendimento, il bisogno di dare e di ricevere educazione, di dare e di ricevere formazione. La diversità fondamentale rispetto al passato è che oggi si fa comunità per scelta e non per necessità. L’individuo decide autonomamente di diventare membro di comunità on line, la sua scelta è dettata dai bisogni appena esposti.  Dunque la comunità, intesa come luogo di educazione degli adulti e dei giovani, trova la sua ragion d’essere proprio nel rispondere al bisogno di  formazione dell’individuo che non avviene mai nella solitudine sociale, bensì  nell’ambito di un contesto relazionale, di un ambiente con molteplici risorse, che nel web 2.0 si identifica con il termine learning comunity.
Con il Web si estende il concetto di comunità di rete o comunità virtuale che indica gruppi di persone che pur non conoscendosi direttamente intrattengono relazioni a distanza che alimentano  legami sociali, i quali  si solidificano proprio grazie al clima che si “respira” all’interno della community.
 Il fenomeno delle comunità on line nasce e si sviluppa a partire dagli anni novanta a seguito della diffusione di internet e delle tecnologie di RETE. Sono nuclei sociali che si formano quando alcune persone partecipano costantemente a dibattici pubblici. Lo scopo principale delle comunità on line è proprio quello di fare in modo che più persone possano scambiarsi opinioni e intrecciare conversazioni su argomenti di interesse specifico. Ferri descrive le comunità on line  “Come isole nella RETE, luoghi che si aprono all’interno della RETE telematica e dove effettivamente, come in un’Agorà dell’antica Grecia, la gente si incontra, si trova e stabilisce delle relazioni”.
Vi sono diverse tipologie di community, esse vengono classificate in base a scopi, obiettivi, ma soprattutto in base ai bisogni dei suoi membri:
  • comunità di transizione in cui si creano relazioni di tipo commerciale
  • comunità di interessi, luoghi dove si condividono esperienze di qualsiasi tipologia
  • comunità di fantasia basata sulla narrazione di storie fantastiche dove si possono creare personaggi, il proprio avatar, dove si effettuano giochi di ruoli
  • comunità di relazione in cui si condividono esperienze e stili di vita, come possono essere le comunità religiose
  • comunità spontanee questi sono gruppi che, per interagire tra loro, non utilizzano ambienti o piattaforme strutturate, bensì semplici  strumenti di comunicazione interpersonali, forum o mailing-list. Sono interessati a uno o più temi riguardanti gli interessi personali dei membri, sono caratterizzate da scopi pluri-finalistici.
  • Comunità di apprendimento e comunità di pratica: hanno finalità precise; quelle di apprendimento si strutturano all’interno di un percorso didattico, hanno lo scopo di sviluppare nei partecipanti la conquista di nuove competenze in termini di conoscenze e abilità. Le comunità di apprendimento hanno in genere un ciclo di vita breve e sono guidate da un tutor. Quelle di pratica sono legate più al mondo del lavoro, sono autogestite e si basano sulla condivisione di esperienze e pratiche e sull’aiuto reciproco nell’affrontare i problemi legati alla professione. Entrambe hanno bisogno di ambienti ben strutturati.
La Rete quindi evolve in piattaforma, intesa come infrastruttura del tipo LMS, CMS, Forum Management System. La piattaforma  diventa un valore aggiunto all’implementazione non solo del servizio erogato, ma anche per quanto riguarda un nuovo tipo di socializzazione giocata e costruita in spazi non più fisici, oserei dire meta-fisici, anche se si è tendenzialmente portati a usare il termine virtuale. Pertanto, la figura 7 si commenta da sola!
Figura 7

Nel Web 1.0, i luoghi in cui nascono le community on line sono ambienti come i Forum o Messenger. Le community vecchio stile hanno avuto la peculiarità di far ruotare tutta la loro comunicazione intorno allo strumento forum. Il Forum è uno spazio virtuale di interazione asincrona, a differenza della chat dove l'interazione avviene in tempo reale, nel quale più soggetti postano messaggi in relazione alle tematiche proposte. Al contrario della chat i messaggi permangono nel tempo, quindi il mezzo si presta ad attività di riflessione, ad un approfondimento dei temi, oltre che ad uno scambio di idee e opinioni.
Lo strumento forum rappresenta lo sfondo integratore fra i membri di una community che al suo interno scambiano esperienze e conoscenze creando nuclei tematici di apprendimento e di insegnamento reciproco.
 Gli studiosi del fenomeno community, fin dalla prima generazione nata in ambiente Web 1.0, avevano compreso l’importanza degli apprendimenti informali e non formali che prendono vita all’interno dei gruppi. Si tratta di un apprendimento fortemente sostenuto dalla motivazione e dall’interesse verso uno specifico tema, perciò altamente significativi, e dotati di potenzialità trasformatrici.
L’implementazione del forum come strumento, probabilmente, lo si deve alla consapevolezza che all’interno della rete, durante la navigazione l’utente apprende costantemente; questa modalità d’imparare in rete non rientra nei canoni tradizionali, ma spazia in ambiti, cosiddetti informali e spesso non presentano intenzionalità.
Attualmente con la costante implementazione degli strumenti Web 2.0 l’attenzione alle community on line è molto alta.
Nel Web 2.0 la comunicazione mediale si realizza all’interno dei cosiddetti Social Network che in quanto spazio mediatico presenta alcune differenze rispetto alle piattaforme presenti nel Web 1.0.
Nel testo “Apprendimento informale in Rete” ho avuto modo di focalizzare, attraverso la tabella che riporto di seguito, quelle che sono le differenze più incisive fra community e Social network. 
Community on line
Social network
Forum
Bacheca wall
Tempo per la riflessione
Messaggi immediati
Tematiche di interesse
Reti
Gruppo
Individuo cura della propria identità e rete sociale
Moderazione della comunicazione
Moderazione della comunicazione e sui documenti

Nei Social Network (SN) il livello molto alto di sincronia determina una interazione che tende all’immediatezza,  come avviene in Facebook (FB), dove le risposte arrivano tempestivamente, comunicazione sincrona: ne consegue che, da un lato, la comunicazione nei SN non strutturati come community di scopo è caratterizzata dalla difficoltà di mantenere il discorso all’interno di un argomento preciso, con la conseguenza di un aumento di derive comunicative (Rivoltella 2003); dall’altro i messaggi,  essendo immediati, sono spesso istintivi e impulsivi, non si è tendenzialmente portati alla riflessione prima di inserire la risposta.
Nelle Fig. 7, 8 e 9 riporto alcuni esempi di come avviene la comunicazione e l’interazione all’interno di un Forum sulla piattaforma LMS ( LEARNING MANAGEMENT SYSTEM) della IUL.
Figura 7
IL FORUM si apre con un messaggio di benvenuto della tutor, Dott. Petti che, come in una sorta di warm up, invita i corsisti a presentarsi.
Figura 8
In seguito il forum si struttura per temi, ovvero, ogni area accoglie una discussione  monotematica fra tutor e corsisti, fra corsisti.
Figura 9
In questo modo la comunicazione è strutturata in modo molto ordinato: chi consulta il forum non è investito da una valanga di thread che si affastellano privi di organizzazione. La consultazione dell’utente, interessato ai diversi temi in discussione, è ordinata, il sistema cronologico degli interventi compreso i feedback di ritorno del moderatore, appaiono in una cornice di facile fruizione; secondo me, si potrebbe dire che la comunicazione reciproca, mediata dal computer, in questo caso, acquista valore sia in efficacia che in efficienza.
Ho avuto modo di fare esperienza nel Forum già dal 2005, sulla piattaforma INDIRE, il primo impatto, ricordo molto bene, mi aveva lasciata piuttosto perplessa, lamentavo in questo tipo di comunicazione una certa freddezza e distacco. Questo impatto emozionale aveva condizionato la partecipazione allo stesso forum riducendola a mera attività tecnica, come dire, un po’ asettica. In seguito ho avuto modo di partecipare ad altri forum fino ad arrivare in IUL dove la sensazione di freddezza e asetticità è totalmente sparita. Mi sono chiesta cosa fosse accaduto nel frattempo.
La risposta è semplice e immediata. In primo luogo perché un forum abbia successo in termini di efficacia, cioè in termini di apprendimento, molto dipende dalla motivazione dei partecipanti e dal coinvolgimento attivo che avviene nella reciproca relazione; un altro aspetto rilevante è il clima, sì proprio il clima che si crea all’interno del gruppo che abita il forum, qui diciamo che un ruolo determinante è giocato dal tutor che, quando esercita la propria azione in Rete, è definito moderatore, anche se in un contesto prettamente formativo, la figura dell’e-tutor si identifica con quella dell’e-moderator. Il suo compito non è per niente facile, occorre un buon bagaglio di energie e competenze per guidare e condurre i membri e le discussioni in modo che ci sia un reale coinvolgimento di tutti i soggetti, gli abitanti della community. Le funzioni del moderatore sono molteplici: funzione sociale, organizzativo-strutturale, animatore, moderatore, osservatore, coadiuvante dell’azione del community manager, scaffolder emotivo. Il moderatore ha il compito di visionare gli interventi individuali, i materiali in upload, ma è necessario che faccia anche una lettura di ciò che di implicito naviga fra le varie discussioni, interpretando così i bisogni dei discenti, sia quelli dichiarati, ma soprattutto quelli non dichiarati. Il mediatore del forum ha una grande responsabilità perché grazie alle sue competenze può far emergere quanto di non detto appare negli scambi di idee, egli è in grado di allentare quelle tensioni che si creano nel processo di apprendimento che spesso è fonte di sconforto e inadeguatezza in chi si appresta a mettersi in gioco, accettando nuove sfide culturali.
Durante questo percorso ho avuto modo di visionare, in ambienti strutturati, diversi esempi di comunicazione, processi di apprendimento, scambi di materiali per lo studio, condivisione di medesime preoccupazioni, come nelle figure 10, 11 che riporto di seguito.
Figura 10
Figura 11
Queste immagini le ho pescate in una community di studenti universitari in Scienze delle Comunicazioni;  in questo Sito (http://www.comunicazionidimassa.net/ è interessante leggere i vari post prima degli appelli, scoprire quanto gli studenti sappiano essere solidali e sappiano essere di aiuto reciproco. Anche le comunità di studenti hanno qualcosa in comune con le comunità di pratica, quelle in cui si impara a fare qualcosa, ciò che voglio dire è che in questi gruppi di rete si impara sempre, a volte l’oggetto dell’apprendimento può non essere esclusivamente materiale, infatti quello che ho percepito navigando è  che, indipendentemente dal tema, all’interno della comunità on line in ambiente strutturato, si costruisce sempre qualcosa, vuoi dal punto di vista relazionale, vuoi dal punto di vista strettamente scolastico. Ciò che si impara è anche essere ed esprimere se stessi, accettando i propri limiti, dichiarando le problematiche reali che si incontrano e che, risolvere insieme, appare più sollevante, il cosiddetto potere dello sciame di cui parlavo all’inizio, ma anche il potere delle menti aperte!
Oggi, tuttavia, la comunicazione mediata dal computer si gioca anche su un altro fronte, quello del Social Network (SN) come la piattaforma Facebook (FB) , in cui lo scambio verbale assume, rispetto a ciò che avviene nei forum, altri connotati.
Nell’ambiente accademico ci si chiede spesso come mai ci sia stato e ci sia una diffusione così massiccia dei Social Network; in queste piattaforme si rileva un livello molto alto di sincronia comunicativa, si tratta di una interazione immediata dove le risposte, i feedback, arrivano in modo tempestivo. Questa modalità di scambio veloce comporta alcuni svantaggi come quello di mantenere la discussione on-topic. Accade che all’interno dei SN così strutturati si creino delle derive comunicative, una sorta di disordine nel quale non è più possibile rintracciare il filo di un discorso iniziale. Analizzando alcune conversazioni in FaceBook (FB) ciò che balza all’attenzione è che i messaggi sono spesso istintivi, non vi è la ricerca di una risposta contestuale alla tematica, non vi  è la possibilità della riflessione e dell’approfondimento. Anche sul versante della moderazione compaiono alcuni aspetti critici; è vero che l’utente è tenuto a rispettare una precisa netiquette comunicativa, a rispettare la privacy propria e altrui, ma l’esercizio della moderazione appare davvero complesso sia per il repentino accavallarsi delle discussioni, sia per la mole di materiali postati. C’è da dire inoltre che non sempre nelle community dei Social è presente un moderatore come figura di riferimento, tuttavia, ci si augura che si attui una auto-moderazione gestita dagli utenti sia dal punto di vista relazionale sia dal punto di vista contenutistico.
Il social network come FB trovano la ragione della loro marcata diffusione nel fatto che, in primis, rispondono al bisogno dei giovani, ma anche dei meno giovani, di ampliare la loro rete sociale. Dalle tipologie di conversazioni che ho avuto modo di sbirciare nell’account di mia figlia ho rilevato che, a parte la condivisione di contenuti relativi agli impegni di scuola che si verifica quando si condivide la stessa classe o il medesimo corso universitario, le parole a fiumi che si utilizzano nelle discussioni hanno lo scopo di allacciare o ri-allacciare nuove e vecchie amicizie. Le conversazioni in FB che rispondono alla logica del “What are you doing?” non hanno uno sfondo integratore come può averlo una community nelle tipologie descritte sopra.  Nelle comunità informali che nascono in FB i membri vivono la loro identità virtuale non come una identità altra che si aggiunge a quella reale; come si legge in Nativi Digitali di Ferri “…la loro pagina su FB costituisce un elemento strutturale della loro identità reale…”  ciò implica che i giovani, gli studenti entrano e vivono in FB o in qualsiasi Social Network con tutto il loro sé reale, integrando la loro soggettività virtuale con quella reale, che non è vissuta come virtuale, ma solo come unica e reale. Perciò, secondo me, lo studente del Web. 2.0 riconosce e capisce che si mischiano due piani formale e informale, ma, vivendo in simbiosi con l’ecosistema mediale, non ritiene quest’ultimo una proiezione staccata della sua quotidianità, la ritiene, invece, intimamente interconnessa con la propria individualità e con il proprio vissuto. Allora si comprende perché lo studente può decidere di spostare sul piano amicale il docente, perché per lui la rete non è solo un luogo di svago come può esserlo il centro sportivo, la rete oggi è lo spazio in cui si giocano le relazioni  vere, quelle esistenziali appunto, in tutte le sfaccettature possibili. Tuttavia non sempre accade che lo studente accetti la presenza del docente all’interno del proprio gruppo informale. A questo punto della riflessione viene quasi naturale ribaltare il ragionamento e mi chiedo: “ Perché il docente tenta di spostare in FB la relazione con i propri studenti?” Mi viene da pensare che lo faccia per sperimentare i linguaggi e i luoghi usati dai giovani allo scopo di implementare una comunicazione sempre più intenzionale e orientata all’apprendimento formale in contesti informali. Tuttavia lo spostamento dei processi di insegnamento e apprendimento formali in ambienti informali, come può esserlo un Social Network non è un’operazione che avviene semplicemente, richiede, infatti, un’attenta progettualità che si gioca su diversi fronti a causa delle problematiche che possono emergere nella gestione dei gruppi, nel controllo della mole di contenuti postati, ma soprattutto sul versante della possibilità di esprimere una valutazione anche in merito a quegli apprendimenti detti non formali che caratterizzano la formazione dell’individuo.   
BIBLIOGRAFIA
  • Apprendimenti informali in Rete di Livia Petti
  • I nuovi media e il web 2.0 di P. Ferri, S. Mizzella, F. Scenini
  • Nativi digitali di Paolo Ferri
  • Didattica on line di Garavaglia
NETGRAFIA

Nessun commento:

Posta un commento

Sono interessata al tuo commento se:
non è anonimo
se usi un linguaggio corretto, decoroso e rispettoso
se ti esprimi in modo attinente al contenuto del post.
In caso contrario il tuo commento non sarà pubblicato.